13 dicembre 2013

Non è tutto vintage quel che è vecchio (e non è tutto vintage quel che è vintage) - I parte

Guida in due parti per chi vuole vendere vintage.

Parte I

 
Negli ultimi anni ha preso piede l’uso inappropriato, ma ormai diventato convenzione, di un termine: vintage.
Wikipedia ce ne svela l’etimologia: Il vocabolo deriva dal francese antico vendenge (a sua volta derivante dalla parola latina vindēmia)  indicante in senso generico i vini d'annata di pregio.


foto di
Ora, perché una parola derivante dall’enologia sia stata trasposta a settori completamente diversi, quali prevalentemente l’abbigliamento e l’arredamento, per me rimane un mistero.
Ho sicuramente memoria di quando si è iniziato ad usare: verso la fine degli anni ‘90.
Prima si parlava di “usato”, “modernariato”, “antico”, “brocante” e “antiques” e “second hand” in inglese. Il motivo della traslazione, a mio parere, si risolve in un eufemismo: infatti in quegli anni in cui il grunge e l’underground erano passati dall’essere espressione innovativa di una generazione a cliché delle masse, per molte “star” si rivelò poco chic usare il termine “second hand” per definire il proprio guardaroba, così si prese a prestito l’odiata (da me), ma senza dubbio più fascinosa, parola francese: vintage, appunto.
Per convenzione si estese il termine a tutto ciò che era tra l’antico e il nuovo, in un limbo che ha assunto proporzioni inimmaginabili. Come detto, questo è un mio parere, privo di ogni fondamento verificabile scientificamente e probabilmente molto opinabile.
Torniamo a noi, con una domandona alla quale, nostro malgrado, non si può rispondere con un semplice 42 (che per altro sappiamo tutti essere la risposta ad un’altra altrettanto fondamentale domanda).


foto di GingerLab

Cos’è, dunque, “vintage”?
Mi trovo davvero in difficoltà, perché, ahimé, la risposta non è semplice ed è vasta quanto tutte le categorie ormai coperte da questo termine.
Oggi, infatti, “vintage” non è più soltanto l’abito di una grande firma datato (all’inizio infatti il termine era usato solo per l’abbigliamento) ma si estende a macchia d’olio per qualsiasi oggetto o manufatto che abbia più di 20 anni. E io inorridisco.
I miei genitori hanno aperto un negozio di antiquariato e modernariato nel 1971, dove io lavoro da qualche anno, quindi potete ben capire come non sia per niente d’accordo col fare di tutta l’erba un fascio!
Andiamo per ordine:
sotto la categoria Antiquariato vanno tutti quei manufatti un tempo chiamati Arti Minori e Decorative. La storia dell’antiquariato va di pari passo con quella del collezionismo, e senza andare troppo in là, si può considerare la Famiglia Medici di Firenze, principalmente nella figura di Francesco I de Medici, uno dei capisaldi di tale attività. Non starò qui a fare una lezione sulla figura di questo magnate, anche perché mi sto già annoiando da sola, vi basti sapere che già nel 1572, nel suo famigerato Studiolo, allestiva una Wunderkammer in miniatura, ovvero una camera che conteneva una collezione di meraviglie: reperti provenienti dalla natura e manufatti dall’uomo che provocavano stupore e, appunto, meraviglia.

 
Fonte

Le arti minori comprendono tutto ciò che non è Arte o arte maggiore, secondo le corporazioni fiorentine, ovvero tutti quei mestieri che oggi sono riconducibili all’artigianato. E’ importante sottolineare che le corporazioni nascono nel medioevo, pertanto qui si parla di una visione contemporanea dell’artigianato, che comprende alcune manifatture (all’epoca annoverate tra le arti maggiori) e sviluppatasi fin dal 1700 con la creazione delle Accademie, fino al consolidamento della categoria grazie all’Arts and Crafts Movement  nell’800.
Per concludere, l’Antiquariato comprende: libri, gioielli, tessili, mobili, soprammobili, vasellame, vetro, ceramica e così via, che abbiano una rilevanza storica ed un’estetica e manifattura apprezzabili.
Per la legge italiana si considera antiquariato tutto ciò che ha una datazione risalente a 50 anni fa. Molto flessibile direi!

foto di
Col trascorrere del tempo, necessariamente, si è andata a creare una nuova branca dell’antiquariato, ovvero il Modernariato. E’ considerato Modernariato tutta la produzione industriale e attribuibile a designer degni di nota, dalla fine della prima guerra mondiale, ovvero pochi anni dopo l’inizio del Secolo Breve di  Hobsbawm, a circa 20 anni fa. Un tempo il modernariato era ristretto a pochi decenni, dal 1930 al 1970 circa, ma il tempo è inarrestabile, quindi le definizioni e le datazioni vanno aggiornate.

foto di
C’è poi il Brocante: ovvero quegli oggetti d’uso quotidiano, desueti, obsoleti o semplicemente fuori moda, quel piccolo antiquariato, un po’ sgualcito e rustichello, usato e strausato, uscito dalle cantine e dai solai, che si trova nei mercatini delle pulci e dai rigattieri, giusto per rendere l’idea, il classico Garage Market che si vede nei film.

foto di PaperBlog

Come introduzione è un po’ lunghetta, avete ragione, ma questo è per farvi capire che se volete vendere Vintage (vediamo chi lo chiamerà ancora così) dovete farvi un mazzo tanto!
Farsi il mazzo vuol dire principalmente una cosa: dovete tornare a studiare.
Si interrompe qui la prima puntata di questo articolo, a presto per la seconda!






Giada ha i capelli rossi e il sorriso pronto, lavora nel negozio di antiquariato di famiglia e buca animaletti (di plastica!) per farne delle spille che vende nel suo negozio Etsy.
E’ nota nel forum EIT per “L’almanacco della Giadina”, interessanti aneddoti raccontati col suo tono scanzonato, lo stesso che ha messo a nostra disposizione in questa occasione, insieme alle conoscenze acquisite in ambito lavorativo e familiare, per spiegarci cosa è il “vintage” e cosa dovrebbe fare chiunque volesse venderlo











3 commenti:

  1. Giada sei un mito :D è un piacere leggere spiegazioni così frizzanti, la citazione del 42 e delle Wunderkammer, per non parlare della foto con le mini di Kivaford, sono il massimo :) Grazie!

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  2. perchè Giadina sembra una bimba un po' monella, ma invece è una serissima professionista :)

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